Un mondo sospeso
Viviamo in un mondo sospeso, tra dubbi e incertezze, tra politiche militari, incertezze economiche e sociali, disagio informativo e controllo delle lobby.
Per questo guardiamo con ammirazione alla scelta della città di New York, che ha avviato un contenzioso contro i maggiori detentori del potere informativo in Rete. Un esempio che in tanti dovrebbero seguire.
Deve ritornare la voglia di vivere il presente con intensità.
Nonostante tutte le storture e i disastri procurati dalla nostra stessa irresponsabilità, questo resta un pianeta meraviglioso, e non possiamo perdere il coraggio di difenderlo e di inseguire una felicità comune. Non dimentichiamo la bellezza delle emozioni condivise. Cerchiamo di costruire il nostro benessere dando qualcosa anche per la realizzazione di quello altrui.
Il mondo è sospeso nella capacità di ammettere i propri errori, in un tempo di ragioni e di pretese verità personali.
Il sociologo Bauman descrive un cittadino globale in perenne stato confusionale. In passato si sapeva esattamente quale strada si volesse percorrere; forse non sempre era chiara la meta, ma non era in discussione la bellezza del percorso. C’era desiderio di innovazione, per migliorare la qualità della vita propria e della propria famiglia. Dopo la guerra, i genitori si impegnavano perché i figli non vivessero la povertà e il disagio degli anni precedenti. Per questo si sceglieva di investire in formazione, perché anche le persone più umili potessero risalire la scala sociale e trovare affermazione. Tantissimi sono coloro che hanno lasciato un segno importante e che provenivano da famiglie umili, che ce l’hanno fatta grazie alla curiosità, all’amore per lo studio e al senso del sacrificio.
Questa tensione al riscatto e al cambiamento sembra oggi soffocata da una forte tendenza all’omologazione sociale.
La Scuola non riesce ad aiutare più, come faceva un tempo, a sviluppare abilità critica e pensiero autonomo. L’uso distorto delle tecnologie offre un contributo negativo, perché intorpidisce le menti e fa perdere l’allenamento al ragionamento.
Paradossalmente, finisce per avere ragione chi ha la forza di essere nel torto. Chi ha il coraggio dell’errore. Non paga mai la scelta della scorciatoia, della strada in discesa. Sembra di arrivare più facilmente all’obiettivo attingendo dal fast food informativo di internet, che però non fa altro che generare cultura omologata. Meglio, falsa cultura.
Meritocrazia promuove la crescita culturale, il pensiero divergente. Senza timore di cadere nell’errore, o di essere impopolare. Con onestà. E traduce questo impegno in comunicati, proposte di legge, approfondimenti, discussioni libere, ricercando sempre la verità.
Non abbiamo paura di fallire, anzi sarà bellissimo farlo nel tentativo di migliorare il contesto.
Leggevo, qualche giorno fa, che la politica monetaria della BCE si propone quale obiettivo il mantenimento di un Pil al 2% per tutti i Paesi membri, per garantire servizi sociali, piena occupazione, un welfare adeguato. Ma, in quel 2% cosa c’è? Ci sono i tassi di interesse delle banche, ci sono nuove costruzioni e devastazioni ambientali, ci sono industrie che vanno a carbone e gas.
Il pensiero va rimodulato.
Il Green Deal si è rivelato un fallimento. Si punti allora a un ‘Cultural Deal’, un mutamento dell’approccio culturale. E la Cultura non si calcola misere percentuali, è la leva della vera Rivoluzione.
Sembra così difficile, eppure è così semplice capire che camminare a piedi è meglio che utilizzare l’auto per brevissime distanze, che fare la raccolta differenziata è un dovere civico.
Ci vuole davvero poco a riprendere consapevolezza del valore del contributo di ciascuno.