UN NUOVO PATTO PER L’EQUITÀ SOCIALE – 13 GIUGNO 2021
A fronte di inedite anomalie e accresciuto disagio, non è semplice canalizzare la questione sociale verso le giuste soluzioni. Altrettanto difficile è comprendere le origini della gravissima iniquità nella distribuzione della ricchezza, e delle opportunità.
La costruzione di un nuovo ‘patto sociale’ è impegno non più rinviabile.
Il desiderio di una Società retta da equilibri di durata e fatta di eguaglianza vera è condiviso. Immagini di assoluta povertà accostate ad altre di sfarzo incontrollato suscitano in chiunque sentimento di ingiustizia e voglia di cambiamento.
Dal pensiero all’azione, però, c’è la mancanza di visione e operosa strategia.
Ci si chiede oggi quanto i modelli economici di riferimento, quelli disegnati da Bismarck, Keynes o Beveridge, abbiano colto nel segno. Quale sia la giusta idea di welfare, perché il benessere realizzato non si traduca, dappoi, in una trappola per la stabilità sociale.
Accreditati economisti internazionali, come Rawls, Miller, Heckman, Petit e tanti altri, hanno elaborato teorie per il ripristino degli equilibri. Il libero mercato abbinato a un impegno pubblico a garanzia di opportunità e a tutela per le categorie più svantaggiate. In Svezia, persino i Moderaterna hanno cominciato a parlare di conservatorismo progressista e a predisporre incentivi al lavoro. Lo stesso in Inghilterra, con l’apertura della terza via da parte di Tony Blair, in Spagna, in Olanda.
Il welfare come prospettiva.
Ma come si arriva al nuovo ‘patto sociale’?
Bisogna andare oltre. I criteri del passato si rivelano inadeguati a studiare le dinamiche di una Società in evoluzione e di un mercato del lavoro in rapida trasformazione. L’avvento delle nuove tecnologie ha stravolto i sistemi di produzione e cambiato il rendimento dei singoli.
Il tenore di vita è mediamente migliorato per tutti, nuovi bisogni sono stati generati, ma le condizioni del lavoratore sono rimaste invariate. Uno sviluppo fatto di contraddizioni e asincronie porta all’ossimoro di un mercato che cresce senza contribuire alla migliore distribuzione della ricchezza e, anzi, con impoverimento di una fetta significativa della popolazione.
Il modello di welfare merita un significativo ripensamento, abbattendo gli ostacoli delle farraginosità burocratiche e del clientelismo, verso una giustizia distributiva calibrata su interessi diversi da quelli puramente economici di mercato. La tutela della persona al centro di ogni riflessione.
Ogni politica deve essere mirata a garantire la sostenibilità del progresso, nella direzione di preservare il quadro ambientale, che è il contesto di movimento.
La costruzione del nuovo welfare globale parta dal basso, dall’esperienza locale. Non può non tenersi conto delle differenze, della diversificazione delle esigenze e delle potenzialità.
Sono sette gli Stati che fanno il sogno europeo: Germania, Svizzera, Danimarca, Svezia, Norvegia, Finlandia e Olanda. Ma lo European Dream non può essere retto dalla ricchezza di pochi, a fronte dell’affanno di tanti.
L’Italia deve farsi capace di dare una risposta.
La vera Rivoluzione copernicana inizi dal sistema fiscale interno, che oggi soffoca i più deboli e aggrava le difficoltà, e che, invece, dovrebbe essere mirato alla perequazione delle condizioni di vita e all’eguaglianza.
L’equilibrio è vita.
Un livello di benessere adeguato appiana i conflitti, riduce l’insoddisfazione, il disagio e, quindi, l’illegalità. È il bisogno di sopravvivenza che genera l’antistato.
Lo Stato che non reagisce, che non dà supporto, che non crea i presupposti per la parità è parte del problema. È responsabile delle azioni scomposte dei cittadini.
Meritocrazia Italia invoca un nuovo ‘patto sociale’, per la rimozione delle irragionevoli disparità e la giusta ripartizione delle occasioni di realizzazione di sé, del potere, del sapere e delle tutele, per uomini e donne, giovani e anziani, cittadini e immigrati, ricchi e poveri, occupati e inoccupati. Oltre disutili logiche di sussidio o assistenza, per una ripresa energica e coraggiosa.