VERSO LA CULTURA DELLA LEGALITA’

VERSO LA CULTURA DELLA LEGALITA’

Il più moderno dei filosofi napoletani, Luciano De Crescenzo diceva che noi italiani, e in particolare napoletani e campani, siamo «uomini d’amore», uomini che preferiscono il presepe all’albero di natale, la pastiera al panettone, uomini che preferiscono restare abbracciati gli uni agli altri, senza avere bisogno di spazi, di ricchezze. Si meravigliava del fatto che avesserp preso il sopravvento anche in Italia l’illegalità e la criminalità organizzata. «Voi ammazzate Napoli, e poi tutto sommato che non è che fate una vita di…..? Vi siete fatti bene i conti? Vi conviene?».
Una delle Regioni più belle al Mondo, famosa per la cultura, la musica, il teatro, la cucina, la storia e l’illegalità, camorra ed ecomafia.
La Campania vanta primati importanti in termini di illegalità, prima in Italia per ecomafia e seconda per criminalità organizzata dopo la Sicilia.
Una Regione che potrebbe vivere di turismo e cultura, infanga il suo nome per l’illegalità, facendola così identificare col suo stesso male. Occorre prendere coscienza dei mali e combatterli con il bene, indagare e smascherare l’illegalità per responsabilizzare i cittadini ed affascinarli con la legalità, «perché giustizia e legalità non siano pura utopia ma la norma primaria e vigente nella società odierna e in quella futura, con l’auspicio che “certi orrori non abbiano più a ripetersi”», come diceva Giovanni Falcone.

Lo Stato combatte l’illegalità in Campania con impegno. Le Forze dell’ordine sono impiegate e lavorano per la sicurezza di tutti. La Magistratura indaga-giudica-condanna. Ma non basta.

Le iniziative per risvegliare le coscienze, le intese Stato-Cittadino proliferano. Non da ultimo, si è siglato a Napoli per la Campania il patto scuole-esercito, l’accordo di rete di scopo delle scuole campane per la valorizzazione e promozione della legalità.
Allo stesso modo è stato raggiunto il protocollo d’intesa fra POC Legalità e Regione, con due principali obiettivi: rafforzare strategie di intervento sui beni confiscati e intensificare le azioni di accoglienza e integrazione dei migranti in Campania.
Il male più sentito è quello relativo alle ecomafie. La regione del Triangolo della Morte, area compresa tra i comuni di Acerra, Nola e Marigliano in Campania, è tristemente nota per il forte aumento della mortalità per cancro della popolazione locale e correlato allo smaltimento illegale di rifiuti tossici in Italia da parte della camorra (trattasi di rifiuti provenienti principalmente dalle regioni industrializzate del Nord-Italia). È la c.d. Terra dei Fuochi (espressione utilizzata per la prima volta nel 2003 nel Rapporto Ecomafie di Legambiente e in seguito da Roberto Saviano nel libro Gomorra) l’estesa area della Campania a cavallo tra le province di Napoli e di Caserta, il centro dell’attività illegale delle ecomafie e, in particolare, dall’interramento illegale di rifuti tossici e dei roghi di rifiuti che sprigionano nell’aria sostanze nocive e letali come la diossina, pericolose e letali in quanto causa- per le indagini scientifiche- di neoplasie tiroidee. È evidente come il business dell’ecomafia minacci gravemente il futuro della Regione, sottraendo risorse preziose all’economia legale, falsando il mercato e la competizione, impedendo un reale sviluppo economico e sociale del territorio a totale beneficio delle cosche criminali . «L’ecomafia è sempre lo stesso mostro che continua a mordere il Paese e a ucciderne la bellezza», come disse l’ex presidente di Legambiente della Campania Michele Buonomo. E lo fa troppo pericolosamente, da troppi anni ormai. È impellente soprattutto nella nostra Regione la necessità di contenere la evoluzione della criminalità ambientale, con l’annessa rete di colletti bianchi, connivenze e corruttele. Il motivo per cui non si riesce a imprimere una svolta decisa alla lotta contro gli ecocriminali è da rinvenirsi nella carenza di leggi e nella carenza degli organi di controllo. Serve agire nell’ immediato per porre fine a queste mancanze dando sempre il giusto valore allo straordinario sforzo compiuto dalle forze dell’ordine , dai magistrati e dai cittadini, sempre più consapevoli del fatto che esiste un intreccio crudele tra illegalità, qualità del territorio e diritto alla salute.

Di tale sistema illegale, fatto di criminalità organizzata, ecomafia, economia criminale, instauratosi col tempo, risente il sistema giudiziario, che ormai da oltre quarant’anni conserva il grande nodo legato alla durata dei processi. Le lungaggini processuali scontano un’eccessiva burocratizzazione, la frammentazione degli uffici, un’eccessiva attesa tra una fase e l’altra dell’iter processuale, nonché la carenza di personale amministrativo e giudiziario. Nel capoluogo campano la mancanza di risorse, l’esiguità delle piante organiche, incide pesantemente sui magistrati della Corte d’Appello costretti a gestire fino a 530 procedimenti all’anno: questo il motivo per cui i processi durano diversi anni e il numero delle domande di indennizzo per l’eccessiva durata degli stessi è in costante aumento.
La legge Pinto (n. 89 del 24 marzo 2001) riconosce ai cittadini che abbiano subito un danno patrimoniale o non patrimoniale per l’irragionevole durata di un processo, stigmatizzata in diverse annualità in base al grado di giudizio, il diritto a un’equa riparazione; ne discende, come inevitabile conseguenza e secondo un report dalla stessa stilato, che se ciascun Giudice della Corte d’Appello di Napoli deve gestire circa 530 procedimenti all’anno, statisticamente potrà emettere sentenza per non più di cento cause. Stando così le cose, si finisce per dover risarcire un grande numero di cittadini, arrivando al paradosso che risulta lenta e complessa anche la fase liquidatoria. Basti pensare che nel 2020 la Corte d’Appello di Napoli, con grande dispendio di denaro per lo Stato, ha pagato indennizzi per un totale di 13 milioni e 878.000 euro.
Il Tribunale ha visto aumentare le pendenze da 122.171 a 124.347 dal 2018 al 2019. In Corte d’Appello, invece, al riscontro positivo delle cause in attesa di sentenza, che si sono ridotte di poco più del 33% dal 2016 al 2019, fa da contralto il loro numero complessivo – pari a 39.961 – decisamente sproporzionato rispetto ai 51 magistrati addetti alla materia civile e dei 24 chiamati a occuparsi di diritto del lavoro.
Sgomenta aggiungere che alla Campania spetta un altro triste primato: la causa più vecchia d’Italia, iniziata nel lontano 1966, a oggi non ancora definita. Si tratta di un processo in materia ereditaria, incardinato presso il Tribunale di Vallo della Lucania, che ha avuto vari stop e ripartenze, esempio di come i tempi lunghi dei processi possano seriamente compromettere i diritti dei cittadini e la certezza dei rapporti giuridici.
Una giustizia lenta e macchinosa finisce per scoraggiare i cittadini e deprimere economicamente i territori interessati.

Cosa potrebbe contribuire ad una diffusione del principio di legalità in una Regione che molto spesso, troppo spesso, vive di illegalità diffusa?
Percorsi meritori atti a premiare e rieducare, e non solo a reprimere, sarebbero auspicabili, iniziando da una nuova narrazione in cui il gusto dell’essere ‘onesto’ è vincente. Molto spesso, infatti, anche attraverso la diffusione dei mezzi di comunicazione e delle fiction, vi è una eccessiva esaltazione del “criminale” vincente a scapito della normale vita onesta, quella dei più, che ne rimane mortificata.

Educare e vigilare, proporre ed esaltare le potenzialità di una terra che senza le distorsioni di sistema potrebbe, di certo, esprimere ben altre risultanze in termini di crescita sociale ancor prima che economica. Valorizzare il merito e le competenze a scapito di culture clientelari che provocano dipendenze psicologiche, sudditanze. In sintesi stabilire e valorizzare attraverso il merito, la cultura strettamente connessa al principio di legalità e giustizia, scollegato da quel sentimento giustizialista che provoca ulteriori fatture senza risolvere i problemi storici legati alle nostre terre.

Preso atto che l’attenzione a mitigare il diffondersi dell’illegalità criminale deve acuirsi proprio in un momento storico in cui si devono spendere ingentissime risorse pubbliche previste dal PNRR, l’auspicio è che, di pari passo a un disegno prospettico di sviluppo economico, vi sia un fronte comune per ristabilire ogni ambito di legalità.
È indiscusso, infatti, che il merito di una ritrovata legalità possa portare benefici alla qualità della vita della cittadinanza campana e possa essere presupposto, indefettibile, ad ogni pianificazione organica tesa alla crescita ed al benessere regionale.



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