Violenza contro le donne
La dipendenza affettiva come nuova patologia
Non si arresta l’ondata di violenza contro le donne.
Alla cronaca fatti sempre più raccapriccianti. Difficile credere a tanta efferatezza.
Si tratta più spesso di casi di crudeltà innestati nella cultura del narcisismo famigliare, sociale ed educativo, che si esprime sempre più spesso in psicopatia delirante e omicida. Secondo le ricostruzioni degli esperti, il malato tossico manipolatore soffre, oltre che di dipendenza patologica di una cura maniacale dell’apparire, nel presentarsi come una persona del tutto speciale, pronto a mascherarsi per essere quello che l’altro desidera; è bravo a dare la sensazione di realizzare in modo truffaldino sogni altrui.
Come osservano gli psicoterapeuti, ricostruire i singoli episodi in termini di linguaggio giudiziario e criminologico dà la sensazione del dejà vu, di qualcosa di ripetitivo ‘normalizzato’, che si ripete con le stesse etichettature, anche giornalistiche. Anche per il bombardamento di immagini e slogan apparentemente innocui trasmessi su social e media, ci si sta abituando a un nuovo imperante protagonismo sociale, affabulatorio e manipolatorio volto a primeggiare e dominare, un invito costante a essere sempre i migliori, a prevalere sempre per essere visibile, a travolgere l’altro nella relazione per dominare e ottenere un certo qual successo di vita. L’ambizione è quella di essere sempre più affascinanti, grazie a una tecnologia capace di indurre confusione tra immaginario e reale. L’esistenza diventa una sorta di virtual game, perché si perdono i confini tra realtà e illusione.
Tanti dei fatti criminosi di oggi non ne sono che la punta dell’iceberg.
Le radici sono probabilmente nella mancanza di capacità educativa delle famiglie e delle istituzioni, nella incapacità di sentire le emozioni interiori come espressioni della vita, non come fragilità sulle quali accanirsi. Si privilegia il sentire freddo-impossibile alla sensibilità, si scambia l’empatia con l’affabulazione, mentre si induce l’emozione negativa del fanatismo e dell’esaltazione scambiati per vivacità e saper vivere.
Mancano il sentimento del rispetto, la cultura della gentilezza reale non manipolativa, il riconoscimento sincero di un altro essere. Manca la capacità di formare le personalità.
Si registra invece una incapacità patologica a liberarsi delle tensioni interiori fortissime eliminando il problema, identificando l’uccisione con la risoluzione della tensione emotiva impotente.
E, a fronte di casi eclatanti, quante donne oggi vivono nel segreto manipolazioni e violenze continue senza possibilità di venirne fuori?
I legami patologici non vengono riconosciuti perché manca una vera cultura dell’amore, non ideologica, ma fatta da educazione reale. Occorre una migliore educazione alla relazione affettiva, all’autonomia emotiva, al rispetto per la vita, al rispetto per sé e per l’altro.
È giunto il momento di riconoscere l’esistenza di una nuova patologia, la dipendenza affettiva, che, come tutte le patologie, merita attenzione e strategia di prevenzione e cura.
[Su questo tema, v. anche https://www.meritocrazia.eu/dipendenza-affettiva/]