ZES, ZEE E BLU ECONOMY
Come riscrivere la geopolitica del Mediterraneo
Il 9 giugno 2021 il Senato ha approvato, in via definitiva e con votazione unanime, la proposta di legge n. 91/2021 che autorizza l’istituzione della Zona Economica Esclusiva italiana (ZEE).
Il provvedimento, atteso sin dall’entrata in vigore della Convenzione ONU sul Diritto del Mare del 1994 (firmata a Montego Bay nel 1982), è volto a rendere operativo uno strumento giuridico che consente all’Italia di estendere, oltre il limite esterno del mare territoriale e nel rispetto del diritto internazionale, la sovranità sui mari nella gestione diretta, responsabile e sostenibile, nonché nell’impiego delle risorse naturali presenti nell’area marina entro 200 miglia dalla costa.
Un traguardo importante che, in un momento particolarmente delicato per la ripresa economica del Paese, permettendo all’Italia di mantenere la sovranità economica oltre le 12 miglia delle proprie acque territoriali, rappresenta senz’altro un’opportunità, nel mutato e mutevole contesto geopolitico del Mediterraneo, per tornare a essere competitivi, al pari degli altri Stati che si affacciano sul Mare Nostrum, con le nostre strutture portuali e soprattutto con le aziende che vi operano.
Una legge che, oltre ad ampliare le competenze e le responsabilità dello Stato italiano sulla gestione delle risorse del mare, tutela, assieme ai diritti sovrani ed all’interesse nazionale nel Mediterraneo, anche l’indotto economico delle nostre comunità costiere grazie alle importanti funzioni delle ZEE, tra le quali:
– la protezione ecologica e la promozione di attività di ricerca scientifica e di misure in difesa dell’ambiente marino e della sua fragile e preziosa biodiversità (ad esempio mediante l’installazione di piattaforme artificiali al largo in un’ottica di salvaguardia del paesaggio marino e costiero);
– l’esercizio del diritto esclusivo di sfruttamento dei giacimenti off-shore di idrocarburi e delle risorse minerarie in maniera ecosostenibile, limitando le attività estrattive di Stati limitrofi a ridosso delle coste italiane;
– la difesa dell’attività dei pescatori, a tutela di un settore fondamentale dell’economia e vitale per le comunità costiere come la pesca sostenibile.
Dunque una misura che colma un vuoto lungo ben 27 anni, con una portata di grande attualità e dalle enormi implicazioni geopolitiche ed economiche che potrebbero risultare decisamente vantaggiose per una Penisola come la nostra ubicata in una posizione di centralità che unisce il Mare Nostrum all’Europa ed all’Africa.
Un esempio di come i mari siano i veri protagonisti della geopolitica è dato dalla costituenda Zona Economica Esclusiva nel Mar Adriatico, che verrà condivisa con la Slovenia e la Croazia con importanti ricadute in termini di interessi italiani e comuni ai due Paesi rivieraschi.
Riscrivere la geopolitica del Mediterraneo attraverso progetti di cooperazione e con la valorizzazione delle eccellenze locali costituisce un approccio vincente per tutte le comunità del bacino comune, che potrebbe concretizzarsi ancor più se, nei prossimi accordi economici con i Paesi terzi, si procedesse, ad esempio, all’inserimento di clausole volte a rendere norma il rispetto della storicità delle zone di pesca. Questo farebbe sì che non possa ripetersi quanto accaduto nell’ultima crisi con l’Algeria nel 2018, anno in cui quest’ultimo Stato, in modo del tutto arbitrario e senza un preventivo confronto con l’Italia, presentò una ZEE con un’area talmente vasta da giungere sino alle coste sarde, compromettendo la Zona di Protezione Ecologica italiana a ovest dell’isola.
Una pianificazione strategica diretta a concertare lo sviluppo costiero in modo integrato, unita a piani di investimento di rilancio di numerosi comparti economici e produttivi che operano in relazione al mare, potrebbe essere congegnata cogliendo altresì le opportunità legate all’attivazione delle Zone Economiche Speciali ed alle risorse nazionali determinate dalla programmazione del Recovery Plan.
Il tutto potrebbe essere attuato mediante la costruzione di un piano di attrazione per investimenti produttivi sui diversi territori, volto a stimolare, oltre agli sgravi fiscali ed alle agevolazioni in termini di vantaggi amministrativi, infrastrutturali e tributari già previste dalle ZES a livello nazionale ed internazionale, l’interesse delle imprese operative nell’ambito dei comparti della Blue Economy, la quale si presenta essere una forma di economia sostenibile il cui obiettivo primario è quello di eliminare completamente le emissioni dannose per il Pianeta rivoluzionando i sistemi di produzione.
Dal punto di vista tecnico, la stipula dei Contratti Istituzionali di Sviluppo (Cis) e la creazione dei Distretti del Mare sicuramente rappresenta una valido strumento attuativo anche per una progettualità strategica orientata alla valorizzazione dei territori ed al rilancio di numerosi comparti economico-produttivi quali la pesca artigianale ed i settori dei beni culturali, dei servizi turistici, nonché della cantieristica, diportistica, logistica, ricerca e della tutela ambientale.
Considerato che l’economia marina necessita di una natura fortemente connessa al territorio che faciliti la creazione di filiere integrate nelle aree locali, questo non solo renderebbe le Zone Economiche Speciali volano di scambi ulteriormente produttivi sulle autostrade del mare, ma determinerebbe quel passaggio necessario dalla Red Economy alla Blue Economy finalizzato alla realizzazione di un sistema con impatti economici, sociali ed ambientali in grado di favorire l’affermazione di un nuovo modello di sviluppo collaborativo, sostenibile e resiliente capace di generare ricchezza, occupazione ed innovazione.