‘ZITTI E BUONI’ AL FESTIVAL DELLA MUSICA ITALIANA
Storie di resilienza
È quasi superfluo ribadire la centralità delle risorse artistiche e culturali per la ripresa del Paese che vanta la più preziosa eredità al mondo in termini di storia, memoria e bellezza. Eppure la recente crisi emergenziale ha colto l’Italia impreparata a difendere la sua principale risorsa di energia vitale e a farne strumento di rivalsa rispetto alla mortificazione del ben-essere economico e sociale imposta dalle misure restrittive di contenimento del rischio di contagio.
Ma il mondo dell’arte e della cultura resiste.
In questi giorni, per la prima volta si è assistito a un Festival di Sanremo senza pubblico in presenza. Stesso Teatro. Nuova atmosfera. Un Festival diverso in nome della resilienza e del vuoto.
Si alza il sipario e la scena riflette la dimensione tragicomica di ogni ambito della realtà del momento.
Proprio la difficoltà comune ha reso il Festival ancor più nazional popolare, unendo nella condizione imposta di austerità e facendosi momento di condivisione nelle restrizioni.
Nel silenzio da mancanza di frizzi e lazzi e applausi in diretta, il Festival di Sanremo 2021 ha mostrato maggiore autenticità rispetto al passato, animato dallo sforzo dei presentatori chiamati a un impegno di fantasia e creatività ancora grandi, acrobati in un circo mediatico di salvataggio dell’audience.
Un atto di eroismo, per colmare con successo il vuoto.
Una metafora del nuovo sociale.
E’ stato un salto nel passato della TV in bianco e nero degli anni ’50, ’60, ’70 e ’80, quando coppie di artisti come Tognazzi e Vianello davano lustro all’arte scenica.
Il palcoscenico dell’Ariston ha ospitato i grandi del passato, da Cinguetti a Leali, da Tozzi a Bertè, Zanicchi e Berti. Un Festival di rievocazione, nostalgia e speranza, lo sguardo sempre rivolto all’oggi, al coraggio dello sport e al valore della solidarietà sociale. Responsabile e serio anche il ricordo degli “invisibili” lavoranti del mondo della cultura, della musica, dello spettacolo dal vivo dimenticati dalle istituzioni dal punto di vista socio-economico e resi ancor più precari dalla pandemia. Apprezzati i momenti di ‘giornalismo in paillettes’.
Hanno commosso gli applausi ripresi delle passate edizioni, per non dimenticare il calore umano del pubblico in presenza.
Il Festival di Sanremo ha fatto la sua parte nel ricordate l’importanza del teatro, lasciato ai margini della crisi.
Alle 2,30 del mattino del 7 marzo cala il sipario sul rocambolesco 71° Festival di Sanremo, con la vittoria (tutta anti-tradizione sanremese) della band Maneskin, al loro esordio all’Ariston, con il brano rock arrabbiato ‘Zitti e buoni’, metafora del pubblico fantasma e del vuoto del momento. Quattro ragazzi ventenni romani vincono il più strano Festival di Sanremo della storia. Di certo anche il loro look, sfavillante tra la fluidità seducente che rende trasparente i loro corpi ed i toni duri e cupi del trucco e la veemenza dei loro capelli ribelli, ha manifestato quanto cova nel Paese adesso a causa della pandemia: disperazione e ribellione.